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Mutui prima casa, tassi sempre più bassi (fisso allo 0,4%). Ma ora potrebbero risalire (di Marco Sabella) Corriere della sera 17 set 2020

Continua la corsa al ribasso dei tassi di interesse sui mutui prima casa che secondo le ultime rilevazioni hanno toccato nuovi minimi, scendendo per la prima volta sotto lo 0,5%. Il fenomeno è particolarmente evidente sul tasso fisso, se si pensa che a inizio 2019, prima dell’inizio della pandemia da Covid-19, questa opzione costava intorno all’1,5% per un prestito di durata ventennale. A causare il crollo della rata dei mutui è stato il virtuale azzeramento dei tassi di interesse di lungo termine basati sul parametro Irs (interest rate swap) che serve come base per il calcolo della rata a tasso fisso, data per l’appunto dalla somma tra il tasso Irs e lo spread, la maggiorazione richiesta dalla banca per erogare l’operazione di finanziamento. Oggi il tasso Irs è negativo per la scadenza a 10 anni (-0,22%) e frazionalmente positivo, pari allo 0,05% sulla durata dei 20 anni. Scende ulteriormente, allo 0,04% sulla scadenza trentennale. In pratica il costo di un mutuo è determinato interamente dallo spread bancario, sceso peraltro a livelli molto bassi di 20-40 centesimi di punto a causa dell’agguerrita concorrenza tra le banche per accaparrarsi i pochi clienti rimasti. Anche il tasso variabile ha registrato un forte decremento passando da una media dello 0,7% sulle scadenze ventennali allo 0,4%, con punte dello 0,3% per le offerte più aggressive.

Il calo delle richieste di mutuo e il peso delle politiche monetarie

Tutto questo accade a causa delle conseguenze economiche del Covid e del’ulteriore allargamento dei cordoni della politica monetaria da parte della Bce, oltre che per un calo evidente della domanda di mutui nei mesi peggiori della pandemia. Infatti, sebbene secondo le ultime elaborazioni Crif il 41,3% della popolazione maggiorenne residente in Italia abbia un contratto di credito rateale attivo (e i mutui rappresentano oltre il 20% di questa voce), il crollo delle compravendite immobiliari nel secondo semestre del 2020 ha inferto un colpo durissimo al settore. I dati appena pubblica dall’Agenzia delle Entrate evidenziano infatti una riduzione delle compravendite di oltre il 27%, sebbene la riduzione nel mese di giugno abbia subito un notevole rallentamento e si sia fermata ad un -0,6%. Date queste condizioni di mercato le banche lottano con tutti i mezzi, e lo spread sui mutui è uno di questi, per accaparrarsi i pochi clienti residui.

Il calo della rata del mutuo

Dal punto di vista delle famiglie mutuatarie il beneficio è notevole. A livello pro-capite la rata media mensile è di 333 euro, in calo del 3,2% rispetto a 1 mesi fa. Inoltre a questo livello di tassi Irs per i mutui a tasso fisso (il tasso euribor, base per il calcolo della rata dei mutui a tasso variabile, è negativo ormai da molti anni) viene a cadere la convenienza economica a stipulare un prestito a tasso variabile. Infatti mentre a inizio 2019 la «forchetta» tra il tasso fisso e il tasso variabile era di circa 80 centesimi di punto (il tasso fisso costava 80 centesimi in più del variabile), adesso questa differenza si è ridotta meno di 20 centesimi.

Mutui, la corsa al tasso fisso

Non sorprende che su 10 italiani che stipulano un nuovo mutuo, 9 scelgano l’opzione tasso fisso. Anche perché sul medio termine non è detto che la situazione non possa cambiare. Infatti se le misure di stimolo all’economia (come per esempio il Recovery Plan della Ue oppure i decreti con misure urgenti adottati dal governo italiano per tamponare la crisi economica) e al rilancio dell’inflazione (si vedano le politiche monetarie della Fed) avranno successo, nel corso dei prossimi anni il tasso Irs dovrebbe tornare ad aumentare. Riducendo così, in un futuro peraltro non immediato, la convenienza alla stipula di nuovi contratti a rata fissa.

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